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L’Italia che cambia senza cambiare nulla non è sola

L’Italia che cambia senza cambiare nulla non è sola

A prima vista, l’Italia è una scatola di sorprese, anche per gli italiani. Ma forse non è stato così, né l’attuale situazione politica eccezionale, né prima né dopo le ultime elezioni, che hanno dato la vittoria all’estrema destra guidata da Georgina Meloni. È facile dirlo in retrospettiva, ma la verità è che è stato visto arrivare. Ma ciò che è veramente notevole è che ci volle così tanto tempo prima che si verificasse questo spostamento a destra, che conserva molti ricordi del fascismo di Mussolini.

Dieci anni fa, all’inizio del 2012, il romanziere, professore e traduttore inglese Tim Parks si chiedeva se l’Italia potesse un giorno cambiare, dopo 30 anni di vita in un Paese che ha una capacità davvero straordinaria quando si tratta di eludere la loro comprensione. Anche nelle attività più quotidiane. Era, senza dubbio, per l’inglese, una nazione di pazzi del tutto, anche se forse non era del tutto privo di cure, cioè non del tutto privo di volontà collettiva di cambiamento, nel voler rinunciare a quegli elementi che assicuravano l’ingovernabilità del paese.

All’inizio del 2012,

Il romanziere inglese Tim Parks si chiedeva se l’Italia sarebbe mai cambiata

Tuttavia, quando Barks arrivò in Italia negli anni ’80, l’imposizione sostanziale dei cambiamenti volti a trasformare una caotica repubblica mediterranea in una sorta di regno scandinavo meridionale prospero, moderno ed efficiente fu oggetto di dibattito tra gli italiani. Poi, quando scriveva il suo articolo nel 2012, non era solo che tutto era uguale, ma anche quello

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Dopo il crollo del 2007-2008 e il crollo dell’economia greca, gli italiani erano come abituati ad anni di dolce declino mimetizzati sotto la schiuma di un debito di lupo sempre crescente, perché improvvisamente videro orecchie di lupo sotto forma di un soffocamento spietato premio di pericolo.

L’Italia che Parks descrive ha poca somiglianza con la spagnola Lara “torna domani” o con l’inefficacia della Catalogna di oggi. Solo principianti e comunicatori sanno come navigare nelle sue acque sempre turbolente; Per gli altri, lascia che un fulmine li colpisca. Dire la verità è qualcosa per le persone ingannate che non interessa a nessuno. Eccessiva burocrazia e bassa produttività. Spazza sempre la casa. Le affinità regionali hanno la precedenza su quelle nazionali o europee. La famiglia, corrotta o no, è tutto. La chiesa afferma solo gli sciocchi e quelli che non hanno altra scelta pagano le tasse. Milioni di droni ben pagati lasciano i giovani senza nulla.

Oltre a Tabucchi, Calvino o Pavese, Barks tradusse Machiavelli, dal quale apprese che l’Italia esiste come un paese unito solo di fronte a pericoli esterni. Monti, Lita e Draghi tentarono di curare alcuni dei mali endemici nazionali e regionali, ma servì solo a far cadere l’Italia nelle mani dello stupefacente trio Meloni, Berlusconi e Salvini. Fanno appello all’unità nazionale, ma la situazione, sebbene pericolosa, non rappresenta ancora una minaccia per il gruppo. Quindi affari come al solito, però, sì, sempre con il focus su Bruxelles, dove i soldi che manterranno l’economia in coma da debiti stanno arrivando fino alle sopracciglia.


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Ma dove Parks dice Italia, avrebbe potuto dire Spagna, per non parlare della Catalogna, dove ci sono dei tic medievali che non sono altro che una lastra nel mezzo di un mondo frenetico in continuo mutamento e in cui il biglietto da visita del capo dice Così. È il 132esimo presidente della Generalitat che suona come uno scherzo dei Monty Python. Perché la signora Meloni non è lontana, sola. Un’ondata di destra spazza l’Europa (e mezzo mondo).

D’ora in poi, l’Italia e la Spagna non fanno più eccezione, così come l’Ungheria e la Polonia. È un cambiamento progettato in modo che non cambi nulla? Avremo la risposta entro e non oltre questo inverno. E non solo in Italia.