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L’accordo sulla migrazione tra Italia e Albania mette sulla difensiva le organizzazioni per i diritti umani

L’accordo sulla migrazione tra Italia e Albania mette sulla difensiva le organizzazioni per i diritti umani

I governi di Italia e Albania hanno concluso un accordo per l’apertura di centri di accoglienza per migranti sul territorio albanese, nel quadro delle promesse del Primo Ministro italiano Giorgia Meloni di ridurre il flusso di migranti, il cui utilizzo è già in atto. Cominciano a formarsi dubbi nelle istituzioni di tutela dei diritti umani. Meloni e il suo omologo albanese, Edi Rama, hanno firmato questo “accordo strategico” a Roma, nelle parole del Primo Ministro italiano, che considera l’iniziativa un passo avanti per ridurre il traffico di esseri umani, garantendo allo stesso tempo l’accoglienza. Migranti titolari di “protezione internazionale”. Il piano iniziale prevede il trasferimento in Albania dei migranti che arrivano in Italia attraverso il Mediterraneo e la creazione di due centri con una capacità di ospitare 3.000 persone. L’Italia assumerà il controllo delle strutture, che possono gestire 36.000 migranti all’anno se le domande di asilo vengono elaborate entro quattro settimane. Il vice primo ministro italiano Matteo Salvini, capo della Lega, ha accolto con favore “un’azione decisa e significativa” per reinsediare i migranti, insistendo sul fatto che “l’Italia non è il campo profughi d’Europa”. “Tirana lo ha capito (…), ma non Bruxelles”, ha concluso sui social. Meloni ha anticipato entro ventisette critiche sull’opportunità della nuova misura e, in dichiarazioni al quotidiano ‘Il Messaggero’, ha sostenuto che l’accordo con l’Albania ha “un grande spirito europeo”. Un alleato dell’Ue”, in pratica, è uno Stato membro “come lo era già”. Il primo ministro ha inoltre confermato che il suo governo ha notificato l’accordo alla Commissione europea. Anita Hipper, portavoce sociale per gli Affari interni, ha detto da Bruxelles che ” siamo in contatto” con le autorità italiane per “scoprire i dettagli”. Un portavoce ha spiegato in conferenza stampa che i Paesi possono adottare misure nell’ambito della loro sovranità nazionale, ma “devono sempre essere fatte senza pregiudicare l’applicazione del diritto d’asilo europeo acquis politico.” Charity Without Borders, una delle organizzazioni che gestiscono navi di salvataggio nel Mediterraneo, ha teoricamente diritto ad averle in base al diritto internazionale. È molto forte nel condannare i tentativi delle autorità italiane di evitare gli obblighi di rispetto. “Il diniego di accesso al suolo italiano, il trattamento estero delle domande di asilo, il ricorso a procedure accelerate alle frontiere e la detenzione di persone in un Paese terzo” rappresentano un “nuovo attacco al diritto di asilo”. Riflettono misure restrittive e preventive che aumentano la sofferenza dei migranti e si sono “dimostrate inefficaci nel lungo termine”. MSF ricorda casi come il trasferimento forzato di migranti da parte del governo australiano sull’isola di Nauru o, più recentemente, i tentativi da parte dell’amministrazione del Regno Unito di deportare migranti sul suolo britannico in Ruanda. Quest’ultima mossa, difesa dal governo di Rishi Sunak, è in attesa di una sentenza definitiva da parte della magistratura britannica. Il Ministero dell’Interno italiano ha registrato quest’anno un afflusso di migranti e rifugiati di oltre 145.000, mentre il bilancio delle vittime nella regione del Mediterraneo centrale è già vicino a 2.200, secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).

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