L’industria dell’intrattenimento copre tutte le aree dell’informazione. È un modo di strumentalizzare la realtà, non accontentandosi dei fatti ed estraendo petrolio dai campi mediatici con poca sostanza. Internet ha favorito il tipo di elenchi arbitrari (la categorizzazione, si chiama) e amplificato la tendenza umana a trasformare qualsiasi attività umana (o animale), e quindi qualsiasi argomento di conversazione, in una competizione. Anche se vivi all’interno di una bolla sociale volontaria, sei sfidato a partecipare a concorsi che in realtà non esistono.
Forse l’origine di questo impulso va ricercata nel dilemma dei nonni su chi preferire, mamma o papà, o nello spirito competitivo degli apostoli per guadagnarsi il rispetto di Gesù. Ma quando questo impulso al confronto diventa un’industria, i muscoli si sviluppano e, invece di rimanere in un beato stato di atrofia, si sovraccaricano. Esempi. Di recente, durante un promettente dopocena, qualcuno ha iniziato a spiegare un viaggio in Italia ma li ha subito interrotti per offrire veleno di valutazione: quale città italiana ti piace di più? Oppure, da bambino, ricordo che nel bel mezzo della febbre dei Beatles (ero un devoto di cantautori e sperimentai la Beatlemania come un dissidente), era comune, piuttosto che commentare le canzoni, che la conversazione si spostasse sul fatto che io adorava di più John o Paul o Ringo o George. Ho capito subito che per non essere emarginato nel discorso globale dovevo schierarmi (a proposito: non ho mai capito che un altro oltre a Ringo potesse essere un idolo).
L’industria che meglio sfrutta il vizio del confronto è il cinema
A complemento dell’informazione e della promozione dei prodotti, l’industria che sfrutta più efficacemente questo vizio è l’industria cinematografica commerciale. Quanti articoli e programmi ti hanno chiesto nella tua vita di scegliere quale James Bond ti piace di più? È un paragone senza alcuna coerenza, e forse per questo vale per altri franchise: qualunque Spider-Man o Batman o Penguin o Joker sia il tuo preferito, il miglior film di Indiana Jones, i Puffi o Fratello Dalton che ti piacciono di più o il film dell’orrore che ti ha dato più panico. Per quanto riguarda il campo del cinema d’autore, questo gioco è impossibile. I dogmi dell’arte e del saggio obbligano l’appassionato a dichiarare categoricamente che i film non possono essere paragonati e che sarebbe un’eresia classificare i capolavori di Federico Fellini, Ingmar Bergmann, Chantal Ackermann, Apichatpong Werasethakul o Albert Serra. E oggi l’industria annuncia Avatar: Senso dell’acqua Come nuova arma per il collezionismo di massa, ci sono due strategie che si aggiungono al valore cinematografico: l’enorme torrente di dati tecnici e il cameratismo sul 3D, e ovviamente la domanda se questo sia migliore. immagine simbolo Dal primo o metti per mescolare le pere con le mele, che Titanico.
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