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Punteggi Sanchez: dodici punti in più per debiti e quattro punti per stress finanziario

Punteggi Sanchez: dodici punti in più per debiti e quattro punti per stress finanziario

L’arrivo di Pedro Sánchez a La Moncloa è avvenuto con il debito pubblico spagnolo che ha superato di quattro decimi di percentuale il 100% del PIL spagnolo. Dopo cinque anni a un livello superiore alla dimensione dell’economia nazionale, è finalmente sceso nel 2019 al 98%.

Ma questo prima che il nuovo coronavirus (COVID-19) colpisse con tutte le sue forze nel marzo 2020. L’indebitamento aggiuntivo che il Paese ha dovuto affrontare a causa dell’aumento della spesa pubblica legata alla lotta alla malattia, nonché il calo del reddito e la recessione economica (oltre 11 punti percentuali in un anno), hanno portato a un aumento del rapporto debito/PIL al 120,4%.

Da un giorno all’altro il Paese si è indebitato di 22 punti percentuali, un fardello che non è ancora riuscito a scrollarsi di dosso del tutto. Secondo gli ultimi dati raccolti da Eurostat, corrispondenti al primo trimestre di quest’anno, il debito pubblico spagnolo è del 112,8%, risultando il quarto Paese più indebitato dell’Unione Europea. Grecia (168,3%), Italia (143,5%) e Portogallo (113,8%) sono in testa alla classifica.

La riduzione in termini relativi non significa che l’ammontare del debito sia diminuito in termini nominali. Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Banca di Spagna, questo importo è salito a 1,54 trilioni di euro.

Il governo è fiducioso che il debito pubblico chiuderà il prossimo anno al 110% del PIL, secondo l’aggiornamento del programma di stabilizzazione inviato dall’esecutivo a marzo. Ben lontani dagli impegni con Bruxelles, le cui regole fiscali – per ora e in fase di negoziazione – fissano un limite di indebitamento al 60% del Pil e un deficit al 3%.

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Il governo riconosce anche in questo documento che non potrà pareggiare i conti, ma potrà fissare il deficit (la differenza negativa tra spesa pubblica ed entrate) al 3%. Il deficit si è chiuso lo scorso anno al 4,8% del Pil, e l’esecutivo confida (secondo l’ultimo grafico macroeconomico) che scenderà al 3,9% nel 2023 e al già citato 3% l’anno prossimo.

Il documento inviato a Bruxelles conferma che “il buon andamento dell’economia e una politica fiscale responsabile ci consentono di anticipare di un anno, fino al 2024, il ritorno del deficit pubblico al livello del 3% del Pil e la riduzione del rapporto debito pubblico al di sotto del 110% del Pil”.

In tal senso, il governo confida che il buon andamento dell’economia (e il suo duro effetto) ridurrà il rapporto debito/deficit, non essendo previste ulteriori misure.

Il totale delle entrate pubbliche lo scorso anno è stato pari al 43% del PIL, mentre la spesa pubblica è stata pari al 47,8%. Se confrontiamo il bilancio del 2018, anno in cui è stata sollevata una mozione di sfiducia contro Mariano Rajoy Sánchez alla guida del governo, le entrate sono state del 39,2% e le spese del 41,8%.

L’inflazione e il buon andamento economico hanno fatto salire le entrate fiscali del 14,4% lo scorso anno, in linea con il 15% salito nel 2021.

L’aumento, spiega il Tesoro, è guidato da “un aumento della spesa dei consumatori, dei salari e delle pensioni e dei profitti delle imprese”. Ha spiegato che “meno di 5 punti di aumento della raccolta sono dovuti ad aumenti dei prezzi superiori al loro andamento naturale negli ultimi anni, nonostante l’indice dei prezzi al consumo sia cresciuto, in media quest’anno, dell’8,4%”.

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