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La medicina e il medico

La medicina e il medico

Scritto dal Dott. Elido Ercoli

Per circa seimila anni di storia umana, ci sono sempre stati due uomini da qualche parte sulla Terra, uno di fronte all’altro, soli. Anche se fossero stati circondati da altre persone, la verità era che sarebbero rimasti soli, nella settima solitudine della loro misteriosa relazione. Uno di questi uomini è malato, qualcosa gli fa male o gli fa male. L’altro sa come ammorbidirlo. Il paziente non è cambiato nel corso dei secoli: la sua natura è sempre stata la stessa. Al contrario, l’altra persona è cambiata, nella sua conoscenza, tecnologia e situazione, se non nel suo obiettivo terapeutico o nella morale umana. In tutti questi secoli non è cambiato il paziente, ma piuttosto il medico, e con lui la medicina.
Le principali malattie ai tempi di Ippocrate erano infezioni, traumi o malattie respiratorie. Nel Medioevo malattie di massa come la peste; Su singole malattie del Rinascimento come la sifilide; Al contrario, nel Barocco malattie come la gotta e la malnutrizione. Nel nostro tempo, lo stress e le malattie mentali, cardiovascolari e degenerative sono prevalenti, ma mali essenzialmente simili hanno afflitto gli esseri umani nel corso della storia.
Il cambiamento radicale e drammatico del medico e della medicina, dell’arte e della scienza della cura, dei suoi strumenti, delle tecniche, dei medicinali, dei suoi rapporti con la società in cui si sviluppa, è avvenuto allo stesso modo in cui è cambiata la situazione. Dalla società verso il paziente.
La reazione del paziente alla malattia era sempre la stessa: fuga, resa e ribellione. In quest’ultima reazione, il buon medico lo aiutò sempre perché, con lo sviluppo del cristianesimo, la malattia non fu più considerata una benedizione di Dio per il candidato al Regno dei Cieli, allo stesso modo che in passato aveva cessato di servire come punizione per i colpevoli.
La malattia è una prova: una prova dal punto di vista biologico, morale o spirituale. Nel suo senso biologico, qualcosa cambia nel paziente, sia perché si immunizza, sia perché diventa allergico. Nel suo senso morale (calmare l’anima del paziente) o in senso spirituale come mezzo per raggiungere l’aldilà.
Ai nostri giorni il valore del medico è diminuito ai prezzi di mercato storici tanto quanto è aumentato il valore del medicinale. Come professionista, un medico deve avere la formazione scientifica adeguata e un’immaginazione fruttuosa per condurre i suoi esperimenti ed esplorazioni cliniche.
Ma ciò che conta sono le qualità del medico come terapeuta. Deve essere compassionevole e comprensivo, non solo con il malato benestante, ma anche con il povero, che ha molto sofferto a causa della sua miseria, della malnutrizione e della scarsità di alloggi, e si trova quindi in una situazione di svantaggio di fronte alla malattia. Egli deve stimolare nel malato il desiderio di guarire, ispirargli fiducia in se stesso e nel medico che vale almeno quanto la medicina che gli viene prescritta, e cercare di renderlo paziente in ogni senso della parola. A ciò si aggiunga la cortesia e la dolcezza più squisita, e i doni preziosi che talvolta si perdono nella corsa del medico ai pazienti nelle grandi città.
Dagli errori, dalle battute d’arresto e dai dolorosi progressi del passato che emergono leggendo la storia della medicina, il medico imparerà una lezione di umiltà e modestia, forse l’educazione più preziosa della storia. Quel medico, il coraggioso samaritano di cui abbiamo identificato la sagoma, è il medico ideale per curare il paziente attuale. Il medico che ama il suo lavoro e quindi ama il suo paziente, e che nell’amore per il suo lavoro codifica la speranza di non morire del tutto quando lui stesso morirà perché il suo sogno rimarrà nel suo lavoro.

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