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Orrore in Afghanistan: talebani decapitati pallavolista

Il regime talebano decapita un giocatore di pallavolo (REUTERS / Zohra Bensemra)

In Afghanistan regna un clima di tensione e ostilità dopo l’ascesa al potere del regime talebano. Un esempio di questo è quello che è successo con il giovane giocatore della squadra giovanile di pallavolo di quel paese giudice dell’hijabChi secondo i media Farsi Indipendente È stata decapitata dai talebani a Kabul.

Responsabile del racconto è il suo allenatore che, per motivi di sicurezza, ha usato lo pseudonimo Soraya Afzali. La morte dell’atleta è avvenuta all’inizio di questo mese, ma la famiglia ha scelto di non pubblicarla per paura di rappresaglie da parte dei responsabili del governo del Paese asiatico.

I suddetti media hanno riferito che “Nessuno, tranne la famiglia velata, conosceva l’ora e la forma esatte”. di quello che è successo. Il tecnico ha però chiarito che è “possibile” che il delitto sia avvenuto in all’inizio di ottobre La famiglia è stata “minacciata” di non parlarne. “Tutti i giocatori della squadra di pallavolo e il resto delle giocatrici sono messi male, disperati e spaventati.. Furono tutti costretti a fuggire ea vivere in luoghi sconosciuti.

Mentre solo due giocatori della squadra giovanile di questo sport sono riusciti a fuggire dal paese Il resto del campus è nascostoIn attesa dell’aiuto delle organizzazioni internazionali per attraversare il confine. Hijab Hakimi, oltre a difendere la bandiera nazionale, ha anche prestato servizio in una squadra municipale nella capitale afghana.

La Federazione Italiana Pallavolo si è rifiutata di uccidere l'hijab . di Hakimi
La Federazione Italiana Pallavolo si è rifiutata di uccidere l’hijab . di Hakimi

Va notato che i talebani, dopo il loro ritorno al potere, hanno decretato che le donne non avrebbero potuto praticare sport che “esponessero i loro corpi”. Ciò è stato confermato dal vice capo del comitato culturale del nuovo governo afghano, Ahmadullah Wasiq, durante un’intervista a SBS News in Australia a settembre. “Non credo che alle donne sia permesso giocare a cricket perché non è necessario che le donne giochino a cricket. Possono trovarsi di fronte a situazioni in cui Il tuo viso o il tuo corpo non sono coperti. L’Islam non permette che le donne siano viste così‘, ha annunciato.

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Secondo i rapporti, la squadra nazionale di pallavolo femminile dell’Afghanistan è stata fondata nel 1978, ma ha dovuto interrompere le sue attività tra il 1992 e il 2002 a causa della guerra civile e della successiva ascesa al potere del regime talebano.

La Federazione Italiana Pallavolo ha condannato l’uccisione di questo atleta. Il suo errore: praticare lo sport che ama, la pallavolo. Hijab, come tante altre ragazze in Italia e nel mondo, ha sviluppato la sua passione per la pallavolo al Kabul Municipal Volleyball Club, ma rispetto alle altre sue colleghe, non è uscita dall’Afghanistan negli ultimi mesi. Sembra impossibile che qualcuno venga ucciso nel 2021 solo perché gioca a pallavolo, o peggio ancora, perché insegue i propri sogni.‘, hanno scritto nel loro account ufficiale di Sito di social network Facebook. Poi ha aggiunto: “Hijab, ovunque tu sia, vorremmo immaginarti con un pallone in mano, libero di giocare a pallavolo”.

La dirigenza italiana, invece, ha disposto «in tutte le gare dei campionati nazionali di ogni grado e grado e in quelli regionali, sabato 23 e domenica 24 ottobre, di osservare un minuto di silenzio in ricordo del giovane afghano. Il pallavolista , Hijab Hakimi.”

Lo scorso agosto si sapeva che L’ex capitano della squadra nazionale di calcio Khaleda Popal, era in prima linea in una pericolosa missione di evacuazione dall’Afghanistan a 75 atleti che erano in pericolo che i talebani salissero al potere. L’Associazione dei calciatori professionisti, FIFPro, ha riferito all’epoca: “Siamo grati al governo australiano per aver evacuato un gran numero di calciatori e atleti dall’Afghanistan. Queste giovani donne, sia atlete che attiviste, erano in una situazione di pericolo e ringraziamo la comunità internazionale, a nome dei loro coetanei in tutto il mondo, per la loro assistenza.“.

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